globalizzazione e conservazione dell emicroculture locali

Benvenuto in questa comunità! Se questa è la tua prima visita, per poter aprire discussioni e messaggi o per poter usufruire dei nostri servizi, DEVI registrarti, premi in alto a destra su "Iscriviti". ATTENZIONE: A causa di iscrizioni non desiderate è stata attivata la funzione "ATTIVAZIONE UTENTE", chi volesse iscriversi dovrà inviare una richiesta all'indirizzo email centrostorico@altervista.org, dopo la nostra autorizzazione si potrà effettuare la procedura di registrazione e, se i controlli da parte dell'Amministratore saranno stati soddisfacenti, riceverete una e-mail di conferma. Ci scusiamo per la complessità dell'operazione ma questo ci permette di evitare grossi quantitativi di SPAM in entrata.

Se questa è la tua prima visita, controlla le F. A. Q. (Frequently Asked Questions) del forum.

Se invece sei un utente registrato e hai dimenticato i tuoi dati di accesso devi effettuare il Recupero dati.

Moderatore: paologiaconia

Rispondi
Giuseppe Ciccia
Redattore capo
Messaggi: 29
Iscritto il: 25 mar 2008, 18:00
Località: Capo D'Orlando

globalizzazione e conservazione dell emicroculture locali

Messaggio da Giuseppe Ciccia »

ribadisco il lancio di un nuovo argomento perchè bnon so se è stato recapoittato a tutti- intanto vi do il mio personale benvenuto nel forum de il centro storico, ho visto che ogni giorno si arricchisce di nuovi iscritti. un grande fatto positivo che farà crescere il nostro giornale e la nostra associazione. per tutti quelli che non sono ancora abbonati a Il centro Storico e che quindi non ricevono il giornale in cartaceo comunico che è già in rete il numero di aprile- cordiali saluti

mi sembra un titolo appropriato per un forum che intendo lanciare tra i nostri iscritti. mi preme capire come in un paese come mistretta che come tutti gli altri comuni d'italia e del mondo è esposto alle più varie sollecitazioni di spersonalizzazione identitaria e massigicazione di idee possa conservare quella che i nostri amici iscritti (Tita, Giaconia, Benedetta) hanno definito "cultura mistrettese" - E' possibile, in sintesi conservare una propria identità pur essendo immersi nel mondo globale. Ha senso ancora dirsi "di paese" quando si tende ad essere "internazionali"? E' un tema che mi ha sempre affascinato-
Attendo risposte e vi saluto . Peppino Ciccia -

ps a tutti gli amici vi invito a ricollegarvi al sito http://www.centrostorico.altervista.org dove troperete in formato pdf gli arretrati degli ultimi due anni del giornale Il centro Storico . in esso troverete molte notizie sulla città ed anche alcune ripsoste ai vostri accorati e pressanti quesiti. sono lieto di fare la vostra conoscenza sia puire virtuale e sarò ben felice di dialogare con voi intanto ancora un caro saluto -
Guglielmo Tita
Messaggi: 26
Iscritto il: 30 mar 2008, 1:55
Località: Québec, Canada

Re: globalizzazione e conservazione delle microculture locali

Messaggio da Guglielmo Tita »

Egregio Signor Ciccia,

Il tema delle microculture mi sembra estremamente interessante e fertile di risvolti ai quali può dar luogo. Premetto comunque di non essereo sociologo e che quanto posso avanzare come elementi di discussione non sono che frutto di una riflessione personale e poco accademica.

Microcultura é la cultura a carattere distintivo di un “piccolo” gruppo sociale localizzato in una precisa area geografica o identificabile in un particolare sistema organizzativo (p.es.: un sistema imprenditoriale, una scuola, etc.). Tuttavia, al dilà della definizione, credo che nel caso specifico di questo forum sia interessante interrogarsi su due elementi legati al concetto di microcultura: (i) la sua reale esistenza e (ii) la motivazione/necessità conscia o inconscia di metterla eventualmente in evidenza.

Il primo elemento, ossia la reale esistenza di una microcultura, spingerebbe verso un’analisi fenomenologica basata sull’osservazione della realtà. In un certo senso, si tratterebbe in primo luogo di individuare le “discontinuità identitarie” che permetterebbero di definire la particolarità e l’endemicità della microcultura mistrettese. Successivamente, si tratterebbe di analizzare un tale particolarismo e le forze che ne determinano l’evoluzione. Evidentemente, non si tratta di un’analisi facile, non fosse altro che per l’inevitabile e spinosa questione legata all’identità (chi é cosa e dove?).

Ciò detto, trovo però più interessante, per ragioni probabilmente legate al fatto di essere un “emigrante/immigrante”, il secondo elemento che ho citato: la motivazione e/o la necessità di mettere in evidenza una microcultura.

Recentemente leggevo un breve saggio sulla storia americana dove l’autore sosteneva che l’identità collettiva di una microcultura é indotto dal sentimento di nostalgia che emerge in momenti di instabilità socio-politica e/o economica. In tali circostanze, le certezze vengono meno e l’individuo o la collettività vanno alla ricerca di elementi familiari che costituiscano una sorta di rifugio protettivo. La sicurezza provviene dall’effetto del numero, il numero dei membri del gruppo identificato come la microcultura d’appartenenza anche se un certo disagio può emergere dall’incertezza su chi e cosa faccia parte del gruppo.

Comunque sia, poiché qualsiasi cultura, micro o macro ch’essa sia, é destinata ad evolvere con il contesto ambientale del quale fa parte, credo che sia illusorio ipotizzarne l’immutabilità e l'assoluta conservazione. Se da un lato il bisogno di rifugio é insito nell’essere umano, dall’altro lato é bene che le caratteristiche del rifugio siano adattate alla realtà evolutiva ambientale. In altre parole, se il mondo cambia ad un passo molto rapido, ci si deve chiedere cosa sia necessario fare per far sì che la microcultura, ammesso che si riesca ancora a definirla, rimanga un rifugio ed una forza degna di perdurare.

Scrivendo questo messaggio, mi rendo conto delle innumerevoli ramificazioni del soggetto. La ringrazio quindi per avere iniziato la discussione su un tema che é certamente di attualità, così come forse lo é sempre stato, sin da quando l’uomo ha incominciato a chiedersi chi fosse. La differenza di oggi rispetto al passato é che, oggi, la scala dei problemi di una qualsiasi collettività si pone ad un livello senza precedenti. Le interconnessioni in gioco fanno in modo che tutto deve necessariamente essere messo in una prospettiva globale, planetaria.

Il diritto alla nostalgia é legittimo, ma é bene non eleggerlo à norma di vita. Parola di emigrato...

Cari saluti

Guglielmo Tita
miri
Messaggi: 24
Iscritto il: 10 apr 2008, 12:28

Re: globalizzazione e conservazione dell emicroculture locali

Messaggio da miri »

Il Sig. Ciccia chiede se oggi abbia ancora senso parlare di “paese” o di cultura mistrettese dato che il vocabolo piu’ usato o se vogliamo abusato è globalizzazione. Il termine globalizzazione indica che l’intero pianeta è sempre piu’ un’unica realtà. Si sono ridimensionate le distanze tra i diversi Stati, i confini tra uno Stato e l’altro non sono piu’ così invalicabili; esiste un mercato mondiale; è facile apprendere notizie di fatti che si sono verificati nella parte piu’ remota del mondo. Globalizzazione quindi come integrazione e interazione tra popoli diversi. Cio’ detto, considerando la globalizzazione un fenomeno di integrazione mondiale e posto che il mondo è la risultante di tante parti, se queste parti perdessero la loro identità cosa integreremmo? Immaginiamo il mondo come se fosse il corpo umano: si parte dalla cellula, i gruppi di cellule, poi, formano i tessuti, i tessuti si organizzano in organi, gli organi si strutturano in apparati, e infine l’involucro esterno che è il corpo umano li contiene tutti e grazie ad essi “funziona”. Il mondo è così, un’insieme di singole parti che devono singolarmente funzionare per poi integrarsi e potere parlare quindi della tanto evocata globalizzazione. Quindi SI, per me, ha senso parlare di paese, ha senso parlare di cultura mistrettese anzi si devono preservare e tutelare queste microculture ed evitare di rischiare che vengano schiacciate dalla globalizzazione che perderebbe così tutto il positivo che potrebbe avere.

Saluti, Miriam Di Salvo.
paologiaconia
Messaggi: 53
Iscritto il: 10 mar 2008, 22:05
Località: Palermo

Re: globalizzazione e conservazione dell emicroculture locali

Messaggio da paologiaconia »

Un articolo dell'amica Franca Spinnato Vega, pubblicato nel Centro Storico all’inizio dell’anno, induce a delle riflessioni.
Il titolo stesso, pone l’interrogativo :
E’ possibile un nuovo rinascimento ?
Direi di si. O più esattamente Forse.
Viviamo tempi di estremo materialismo e di incultura. Le parole e il loro significato, stentano a raggiungere i pìù, e lasciano quasi indifferenti gli altri.
Quali le colpe e quali gli errori, non ha importanza se non possono essere utili a riindirizzarne la via.
Avanziamo un'ipotesi : Tutto ciò che è stato in qualche modo collegato alla cultura in questi ultimi decenni, non ha avuto quella forza, quella statura e quella violenza, da permettergli di imporsi alla gente ed a chi osserva o ascolta. Mi riferisco a quella europea, italiana o meridionale. Accontentandoci di microdosi, che ci hanno permesso di sopravvivere, di non regredire, ma certo di non progredire. Lasciando ampi spazi ad altre culture o inculture.
Non sono più decenni, ma secoli che ormai ci separano dai grandi bagliori di Omero, Dante, Manzoni, adattandoci ad accontentarsi della luce fioca del dopo, rifugiandoci alcuni in culture non nostre. Oggi, sappiamo che Manhattan è un'isola, che le strade di New York sono distinte da numeri e non da nomi, che Alamo si trova in Texas, sappiamo di più della psicologia della guerra nel Vietnam, che non del perché l’Italia fu un regno sabaudo, oppure non ci è chiaro se Garibaldi abbia fatto la cassata o la frittata.
Allora quale futuro, o quale rinascimento è possibile ?
Penso, che occorrano operai ed opere, che con una personalità prorompente, direi quasi devastante, sappiano imporsi e rendersi indispensabili.
Non vedo oggi all'orizzonte giganti solitari.
I nostri tempi, ci hanno insegnato come l’unione razionale di due o più intelletti, possano arrivare lì dove l’uomo da solo non può. Il mondo moderno è ben più pesante del mondo greco di Archimede che riteneva poterlo sollevare con una leva. Oggi occorrono più forze ed il saperle ben scegliere e distribuire; ciò può in taluni casi portare alla meta.
E’ solo un'ipotesi. Ma penso che opere altrettanto grandi e significative di quelle di Dante e compagni, potevano, possono, o potranno venire alla luce. Ma spesso il grande pensatore non è altrettanto grande scrittore, e viceversa. Ma, spesso, ciò che li accomuna, è la convinzione di poter rivestire entrambi i ruoli, anche se ciò si dimostra spesso irreale, ma solo dettato da quella parte di superbia ed eccessiva autostima insita nell’essere umano. Certamente, indossando ciascuno il saio dell'umiltà e riconoscendo i meriti ed i valori degli altri, disposti nell’animo a condividerne le fatiche e gli allori; forse, grandi opere partorite e decedute nella mente umana, avrebbero potuto vedere la luce, ed arricchire di molto lo spirito e le coscienze di altri.
Rispondi